(di Dario Bressanini - dicembre 2021)
Con questo nome sono indicati due aceti diversi e prodotti in quantità assai differenti, come racconta Andrea Bezzecchi in un contributo al libro Gastronazionalismo, di Michele Fino e Anna Cecconi (People, 2021). La tradizione familiare di produzione dell’aceto balsamico nel ducato di Modena e Reggio Emilia è vecchia di secoli, la cui caratteristica è sempre stata quella di ottenere il prezioso condimento solamente a partire da mosto di uva cotto e nient’altro.
Nel mosto cotto avverrà prima una fermentazione alcolica, poi una acetica e infine un invecchiamento minimo di 12 anni (che può superare anche i 25 anni) in cui avvengono numerose trasformazioni e una lenta evaporazione che rende il prodotto più denso e ricco di zuccheri. L’acidità finale sarà data solo parzialmente dall’acido acetico, insieme ad altri acidi come il tartarico, succinico, malico e gluconico.
Questo è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia (o Modena) DOP.
L’aceto balsamico di Modena IGP invece è ottenuto per miscelazione di aceto di vino e mosto (cotto e/o concentrato), opzionalmente colorato con caramello e con un requisito minimo di invecchiamento di 60 giorni. La sua acidità e perlopiù volatile, data perciò dall’acido acetico. Oltre all’ovvia differenza di prezzo, non stupisce che avendo invecchiamenti enormemente diversi la produzione annua
passi dai quasi 100 milioni di litri per l’IGP ai circa 10 mila litri per la DOP: lo 0.0001%.